L’INTERVISTA CON L’AUTORE Una cattedrale, imponente e armoniosa proprio come il Duomo di Milano, narrativamente, ed emozionalmente un concerto, come quelli alla Scala, con tanti registri e toni diretti alla perfezione da Flavio Villani, milanese, professione neurologo, un padre scrittore, esordiente con “L’ordine di Babele “ pubblicato con Laurana Editore. Si tratta di un’opera unica nel suo genere, una volta letta ci si renderà infatti conto che dire che è una “spy story” che si estende in sei decenni e tre continenti è solo una semplificare il valore narrativo, introspettivo e psicologico del volume. In arrivo ce n’è già un altro, dove l’autore conta di replicare la formula magica, ma a Km zero, a Milano.
Questo è il tuo primo romanzo? E’ il mio primo romanzo pubblicato, anche se è da circa quindici anni scrivo con continuità. Le primissime prove, molto naif, risalgono all’adolescenza, poi , pressato da impegni di studio e di lavoro, mi sono dedicato alla lettura. La scrittura è venuta molto dopo, ho scritto parecchi racconti, alcuni dei quali sono nel mio blog e in altri siti letterari.
Come mai hai scelto una “spy story”? “L’Ordine di Babele” non può essere limitato ad un singolo genere, è composto utilizzando alcuni dei paradigmi di genere, in particolare quelli della “spy story”. L’ho scelto perché il più adatto ad approfondimenti di tematiche storiche e allo scavo psicologico dei personaggi. Al di fuori di tale paradigma, “L’ordine di Babele” è da considerarsi pura narrativa, al di là dei generi, è un’opera letteraria che parla di relazioni umane.
C’è una connessione tra la tua professione e il contenuto dei tuoi libri? Le connessioni sono inevitabili tra la mia attività di neurologo e la scrittura. L’interesse per le relazioni umane e per lo scavo psicologico dei personaggi, ad esempio, nasce dall’interesse umano di ogni medico che si rispetti nei confronti dei propri pazienti e delle loro storie. Inoltre molti miei personaggi sono medici, e non sono solo caratteri positivi, ma in loro coesistono bene e male, in qualche caso in modo addirittura eclatante. Molte questioni etiche fondamentali sono legate all’attività medica, come l’eugenetica e l’utilizzo della medicina psichiatrica da parte di regimi dittatoriali per il controllo dell’individuo. L’anelito al bene ma anche l’utilizzo del proprio “potere” taumaturgico per il bieco interesse, possono essere presenti nel medico tecnologico come nello stregone.
Quando trovi il tempo di scrivere? Hai dei particolari “rituali”? Il tempo lo devo ricavare fra i molti impegni che mi assillano tutti i giorni, utilizzo le ore serali e notturne, i week end, le vacanze, i viaggi in treno o in aereo, ma ho sviluppato negli anni la capacità di sfruttare anche momenti minimali durante i quali faccio piccole correzioni o rielaboro testi già scritti. Così vivo il mio testo 24 ore al giorno.
Quali sono i tuoi scrittori preferiti? Gli interessi sono cambiati nel tempo ma ho amato molto, e tuttora amo, gli scrittori che avevano il mare come ambientazione principale. Dopo i classici per ragazzi, come Salgari, ho letto tutto quello che potevo di Stevenson, Conrad e Melville. Da qui è nato l’amore per la letteratura d’avventura e un certo gusto per le ambientazioni esotiche. Sulle stesse corde ho amato molto autori come Graham Greene e il primo Le Carré, i grandi della letteratura fantastica come Borges e Calvino e anche Céline e Bolaño, due giganti psicologicamente agli antipodi. “Bestiario” di Cortázar mi spinse a scrivere i miei primi racconti.
Come ti è venuta in mente la storia de “L’ordine di Babele”? L’idea di base l’ho mutuata dal Fenoglio di “Una questione privata” – la relazione fra le vicende degli individui e la grande Storia – e da lì è nato nel 2006 il primo nucleo del romanzo. Il resto è cresciuto successivamente quando ho capito che le vicende dei singoli personaggi mi piaceva vederle “longitudinalmente”, su un lungo periodo: mi affascina “vedere” i personaggi invecchiare e “sentirli” tirare le somme.
Hai fatto studi per l’ambientazione storica-geografica? E’ inevitabile quando si decide di ambientare la propria narrazione in un preciso contesto storico e geografico. Non si scelgono luoghi a caso perché possono costituire il “correlativo oggettivo” di idee o emozioni che altrimenti si dovrebbero esprimere a parole. William Carlos Williams, medico e grande poeta americano d’inizio ‘900, ha detto “no ideas but in things”. Condivido pienamente.
Ti piacerebbe scrivere un libro ambientato a Milano? Il romanzo che sto scrivendo in questi mesi si svolge proprio a Milano, ovviamente non oleografica, da cartolina illustrata. Trovo affascinante la Milano nera, cupa e piena di nebbia, che certamente sarebbe piaciuta anche a Simenon. In generale, Milano è la mia città, ci sono nato e ci ho vissuto per tutta la mia vita, con l’eccezione di tre anni di trasferta negli Stati Uniti. È per me naturale ambientare almeno una parte delle mie storie a Milano, infatti anche ne “:L’Ordine di Babele” c’è una parte ambientata a Milano.